Nell’ambito del dibattito sull’opportunità o meno di mantenere l’esenzione fiscale per le plusvalenze su partecipazioni (e la connessa indeducibilità delle minusvalenze), va ricordato che il regime di participation exemption, non riguarda le quote delle cosiddette società immobiliari di gestione non quotate in Borsa. Si tratta di quelle società il cui patrimonio è prevalentemente costituito da immobili, diversi dai “beni-merce”, non utilizzati direttamente dall’impresa e cioè concessi a terzi in regime di locazione o di comodato. Il possesso delle quote di società immobiliari attraverso altre società non genera, dunque, alcun beneficio fiscale, dato che le plusvalenze prodotte dalla loro alienazione sono interamente assoggettate all’Ires al 33 per cento, a fronte di un’imposizione degli analoghi capital gain, realizzati da parte di persone fisiche, che oscilla tra il 12,5% (quote non qualificate) e il 17,2% (plusvalenze qualificate sul più alto scaglione di reddito). Per le quote di queste società, la correlata facoltà di dedurre le minusvalenze da realizzo risulta più teorica che reale, dato che ben di rado un patrimonio immobiliare è in grado di generare perdite di valore. Eventuali occultamenti di corrispettivo, oppure altre manovre tese a generare costi deducibili sul cedente, sono inoltre accettabili da parte del Fisco. Questo, se esiste una ingente differenza tra il prezzo dichiarato e il valore di mercato, si avvale, oltre che della normativa antielusiva per le operazioni su partecipazioni, del filone giurisprudenziale sul disconoscimento degli atti cosi detti antieconomici.